Emmanuel Macron e le sfide politiche post-elezioni in Francia
Il presidente francese cerca un compromesso tra le forze repubblicane per formare un governo allargato.
Era rimasto in silenzio fin dal primo turno delle elezioni legislative, con grande sollievo di una parte del Renaissance. Tre giorni dopo il verdetto delle urne, il presidente francese Emmanuel Macron si è espresso sull’esito delle elezioni in Francia per presentare sotto forma di lettera il suo schiaffo alla sinistra: Nessuno ha vinto.
Da Washington, dove si è tenuto il summit Nato, il capo dell’Eliseo ha spiegato che nominerà un primo ministro solo dopo che le forze repubblicane avranno “raggiunto un compromesso” nel rispetto di “alcuni grandi principi per il Paese”. La visione del capo dell’Eliseo, che non riconosce la vittoria della sinistra, indica la sua via, e cioè quella di un governo allargato “all’insieme delle forze politiche che si riconoscono nelle istituzioni repubblicane”.
Il presidente francese chiede quindi un compromesso tra le forze repubblicane per governare il paese. Ed esclude, tra le righe, qualsiasi coabitazione con l’una o l’altra delle opposizioni. Tradotto: l’Assemblea nazionale dovrà essere formata da un’alleanza trasversale che vada dal centrodestra alla destra, escludendo sia l’estrema destra del Rassemblement National (RN) sia il partito di sinistra radicale La France Insoumise (LFI). “Se l’estrema destra è arrivata prima al primo turno con quasi 11 milioni di voti, avete chiaramente rifiutato di farle entrare nel governo”. La linea è chiara per Macron e, pur dicendosi consapevole della presenza di una richiesta chiara di cambiamento, tira dritto per la sua strada.
Ci sono voluti pochi minuti prima che l’ira dei partiti radicali si abbattesse sulle parole di Macron, che con la parola “repubblicani” e con l’elencazione dei principi da condividere, esclude di fatto da ogni accordo sia i melenchoniani de La France Insoumise, sia il Rassemblement National.
Chi guiderà la Francia dopo le storiche elezioni legislative resta ancora un mistero. Il ballottaggio del 7 luglio ha consegnato per la prima volta nella storia della Quinta Repubblica un’Assemblea nazionale priva di una maggioranza assoluta chiara, anche se il Nuovo fronte Popolare, la coalizione di sinistra nata per frenare l’ascesa dell’estrema destra, dovrebbe rappresentare la forza politica alla guida del nuovo governo.
La proposta del capo dell’Eliseo non incontra i favori dei diversi partiti che già hanno respinto da giorni questa possibilità. Rinnega il verdetto delle urne e invece deve inchinarsi davanti al Nuovo Fronte Popolare ha reagito, furioso, Jean-Luc Mélenchon, l’uomo simbolo della sinistra ribelle, che si è sentito ancora più provocato dall’incipit della lettera del presidente: “Nessuno ha vinto”.
Sul versante opposto, è stato Jordan Bardella, ex candidato premier del partito di Marine Le Pen, ad andare su tutte le furie: “Il presidente sta organizzando la paralisi del Paese” secondo lui, che trova “irresponsabile” il messaggio del capo dell’Eliseo. Ha rincarato poco dopo Marine Le Pen, puntando il dito contro “l’indegno circo” macroniano.
L’unica certezza, a oggi, è che le dimissioni del primo ministro francese, Gabriel Attal, dovrebbero essere accettate dal Presidente della Repubblica Emmanuel Macron il 17 luglio, per consentire ai ministri eletti di sedere nell’Assemblea. Dopo il secondo turno delle elezioni francese, che si è tenuto il 7 luglio scorso, il capo dell’Eliseo ha respinto le dimissioni del premier francese, chiedendogli per il momento di restare, per assicurare la stabilità del Paese.