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Emergenza sanitaria in Italia: il rischio del collasso del Servizio Sanitario Nazionale

Carenza di medici, ospedali in chiusura, e finanziamenti insufficienti mettono a rischio la salute pubblica

Emergenza sanitaria in Italia: il rischio del collasso del Servizio Sanitario Nazionale

La situazione della sanità pubblica italiana è sempre più critica, con liste d’attesa infinite, mancanza di medici, ospedali e posti letto, concorsi deserti, specializzazioni senza iscritti e un progressivo definanziamento. Questo quadro emergenziale è stato delineato da 75 società scientifiche riunite nel Fossc (il forum delle società scientifiche dei clinici ospedalieri e universitari italiani), evidenziando numeri allarmanti.

Un dato preoccupante riguarda l’età media dei medici italiani, che sta aumentando costantemente: il 56% di loro ha più di 55 anni. Entro il 2025, si prevede che 29.000 medici e 21.000 infermieri andranno in pensione, senza un adeguato ricambio generazionale. Inoltre, circa 11.000 clinici ospedalieri hanno già scelto di lasciare le strutture pubbliche tra il 2019 e il 2022, mentre sempre più giovani professionisti si trasferiscono all’estero in cerca di condizioni di lavoro migliori e stipendi più alti.

La situazione non è migliore per quanto riguarda le strutture ospedaliere: negli ultimi 10 anni sono stati chiusi 95 ospedali, il 9% del totale. Nel 2012 c’erano 1.091 ospedali in Italia, mentre nel 2022 il numero è sceso a 996, con una maggiore riduzione per quelli pubblici. Anche il numero di posti letto è diminuito drasticamente, con una carenza stimata di almeno 100.000 posti letto di degenza ordinaria e 12.000 posti letto di terapia intensiva.

Gli investimenti nella sanità pubblica continuano a diminuire, nonostante l’aumento assoluto del finanziamento del Fondo sanitario nazionale nel 2024 rispetto al 2021. Tuttavia, in rapporto al PIL, gli investimenti sono in calo e non sono sufficienti a contrastare l’esodo dei medici e degli operatori sanitari.

La situazione è resa ancora più critica dal fatto che 12 Regioni su 21 non garantiscono nemmeno i livelli essenziali di assistenza (Lea), con valori al di sotto della soglia in almeno una delle tre macroaree considerate fondamentali. Inoltre, l’introduzione dei nuovi parametri è stata rinviata al 2025 per mancanza di risorse, mettendo a rischio la qualità dell’assistenza sanitaria in molte regioni.

È evidente che l’Italia è divisa in due, con alcune regioni che non riescono a garantire nemmeno i servizi essenziali. La situazione è aggravata dall’autonomia differenziata, che potrebbe portare a una crisi ancora più profonda in molte regioni. È necessario un cambio di rotta e un maggiore impegno nel finanziamento della sanità pubblica per evitare il collasso del Servizio sanitario nazionale.