Il Recovery Fund dell’UE: sfide e rischi a quattro anni dal lancio
Il Recovery Fund dell'UE affronta ritardi, frodi e critiche per la lentezza nell'erogazione dei fondi, mettendo a rischio la sua credibilità e il futuro dell'indebitamento comune europeo.
Il Recovery fund, risposta della Commissione europea alla crisi pandemica per sostenere l’economia dell’Ue e preservarne la competitività, si trova a un bivio a quattro anni dal suo lancio. Dei 750 miliardi inizialmente stanziati, ben 500 miliardi rimangono inutilizzati, mentre la scadenza del fondo si avvicina a passi veloci.
Secondo quanto riportato da fonti autorevoli, i Paesi membri hanno ricevuto circa un terzo dei fondi del Recovery and Resilience Facility (Rrf), noto anche come recovery fund, concordato nel 2020 durante un summit storico. Tuttavia, le pressioni sulle istituzioni europee si fanno sempre più forti affinché semplifichino le procedure burocratiche che rallentano il flusso dei finanziamenti.
Un’inchiesta transfrontaliera ha recentemente svelato un giro di frodi da 600 milioni di euro che ha coinvolto diverse aziende fittizie in Italia, Romania, Austria e Slovacchia. Questo scandalo ha portato all’arresto di una ventina di individui, mettendo in luce il rischio che i fondi europei finiscano nelle mani sbagliate.
Da un lato, ci sono i destinatari legittimi che faticano a ottenere i finanziamenti promessi, dall’altro, si registrano ritardi e complicazioni nella distribuzione dei fondi. Ad esempio, su 83 miliardi destinati alla Spagna, solo 340 milioni sono stati erogati in prestiti fino ad ora.
Le critiche si concentrano sulla lentezza della Commissione nel valutare il raggiungimento degli obiettivi dei vari Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (Pnrr), condizione necessaria per sbloccare i finanziamenti successivi. Tuttavia, Bruxelles difende il proprio approccio, considerando il processo di valutazione come un incentivo per i Paesi membri a implementare riforme strutturali.
Il problema si complica ulteriormente con le accuse reciproche tra funzionari nazionali e istituzioni europee riguardo alla scarsa volontà politica di alcuni Stati membri nel portare avanti riforme necessarie. I Paesi “frugali” hanno insistito su meccanismi di controllo più rigidi per evitare un uso improprio dei fondi europei.
Il futuro del meccanismo finanziario dipenderà dalla percezione dei Paesi “frugali” sull’utilizzo corretto dei fondi da parte dei beneficiari principali. Gli esperti sottolineano che i prossimi tre anni saranno cruciali per determinare il destino del Recovery fund.
Finora, Bruxelles ha erogato circa un terzo dei fondi disponibili, ma la scadenza del 2026 si avvicina e una parte considerevole dei finanziamenti rischia di non essere spesa. Questo potrebbe compromettere la credibilità del meccanismo e influenzare le future decisioni sull’indebitamento comune dell’Unione Europea.
Se non verranno risolti i problemi attuali, dall’inefficienza burocratica alle frodi, il primo tentativo di debito comune in Europa potrebbe rivelarsi anche l’ultimo, mettendo a rischio la solidità finanziaria e la coesione dell’Unione.
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