Cronaca

Terremoto dell’Aquila 2009: Sentenza choc e responsabilità civile

La decisione della Corte d'Appello e le implicazioni legali

Terremoto dell’Aquila 2009: Sentenza choc e responsabilità civile

La sentenza choc della Corte d’Appello dell’Aquila ha colpito duramente le famiglie che hanno perso i propri figli nel terremoto del 6 aprile 2009. Oltre al dolore della perdita, si sono visti negare qualsiasi forma di risarcimento e ora dovranno affrontare anche le spese legali. I giudici hanno confermato la condotta incauta dei ragazzi, escludendo qualsiasi responsabilità da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, sotto la quale operava la Commissione Grandi Rischi. Quest’ultima, cinque giorni prima del sisma, aveva tranquillizzato la popolazione aquilana e gli studenti universitari.

Le famiglie delle vittime non solo non riceveranno alcun risarcimento, ma dovranno anche sostenere le spese legali, che ammontano a quasi 14 mila euro. La tragedia del terremoto del 2009 si è intrecciata con le decisioni prese dagli esperti della Commissione Grandi Rischi il 31 marzo di quell’anno, quando rassicuravano la cittadinanza sull’andamento della sequenza sismica che da mesi interessava il Centro Italia.

studenti morti aquila 2009
La fiaccolata per gli studenti morti nel terremoto de L’aquila del 2009

Il Tribunale dell’Aquila aveva inizialmente condannato a sei anni i sette scienziati presenti alla riunione, per poi assolverli in appello, ad eccezione di Bernardo De Bernardinis, vicecapo della Protezione Civile, la cui condanna a due anni è stata confermata in Cassazione. De Bernardinis, che aveva presieduto la riunione al posto di Guido Bertolaso, aveva inviato messaggi rassicuranti subito dopo l’incontro, inducendo la popolazione ad abbassare la guardia.

Secondo i giudici di secondo grado, non ci sono prove sufficienti per collegare le rassicurazioni alla condotta dei giovani, mancando così il cosiddetto ‘nesso causale’ per attribuire responsabilità civile. In particolare, si è evidenziato il caso di Nicola Bianchi, il cui padre Sergio ha lottato per ottenere giustizia. I giudici hanno sottolineato che non vi è prova che il ragazzo fosse a conoscenza delle rassicurazioni date il 31 marzo e che la sua decisione di restare all’Aquila fosse legata a quelle dichiarazioni.

I ragazzi non sarebbero stati influenzati dalle rassicurazioni della Commissione Grandi Rischi né dalle dichiarazioni di De Bernardinis e del sindaco Cialente. I giudici hanno analizzato il materiale probatorio acquisito, che non ha confermato l’ipotesi che gli esperti presenti alla riunione del 31 marzo avessero l’obiettivo di tranquillizzare la popolazione a priori. Le parti appellanti hanno riproposto tesi assertive senza supporto nelle prove raccolte.