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Hezbollah, Iran e Israele: la crisi nel Medio Oriente

Analisi della tensione tra Hezbollah, Iran e Israele e le implicazioni per il Libano

Hezbollah, Iran e Israele: la crisi nel Medio Oriente

L’escalation in Medio Oriente sembra essere inevitabile dopo l’attacco dell’Iran nei confronti di Israele. Benjamin Netanyahu ha convocato un consiglio di guerra per stabilire in che misura e quando risponderà a Teheran. Leader di governo e diplomatici dell’Unione europea stanno intanto esaminando come prevenire una reazione spropositata che potrebbe incendiare tutto il Medio Oriente, dove la tensione è già enorme a causa della guerra nella Striscia di Gaza.

In cima alla lista delle preoccupazioni troviamo il Libano. Durante il vertice dei capi di governo dell’Ue in agenda il 17 aprile a Bruxelles, si prevede che i leader del blocco europeo discuteranno la situazione nel Paese dei Cedri, dove i miliziani di Hezbollah minacciano da tempo l’esistenza di Israele.

L’Ue è pronta a lavorare con tutti i partner per evitare un’ulteriore escalation delle tensioni nella regione, in particolare in Libano, hanno riferito espressamente i capi di Stato durante una riunione informale online dopo l’attacco dell’Iran contro Tel Aviv.

I timori principali derivano dalla presenza nel Paese di Hezbollah, un gruppo islamista sciita che condivide con l’Iran la stessa ideologia, ma soprattutto gode dei finanziamenti di Teheran. Beirut rischia così di essere trascinata in un’escalation regionale senza precedenti.

L’organizzazione paramilitare fa parte della cosiddetta “Asse della Resistenza”, un’alleanza di gruppi sostenuti dal regime di Teheran, che include anche i miliziani palestinesi di Hamas.

Nata nel giugno del 1982 in Libano, durante il conflitto scoppiato quello stesso anno con Israele, Hezbollah è diventata in seguito anche un partito politico, il cui segretario generale è Hassan Nasrallah. Per anni i suoi miliziani si sono impegnati in una serie di attacchi suicidi in Libano. Il più grave fu quello avvenuto nell’ottobre 1983 quando in un duplice attentato con camion bomba alla Forza di pace multinazionale a Beirut ovest morirono 241 marines statunitensi e 56 parà francesi.

Il supporto dell’Iran è stato fondamentale per accrescere la forza dell’ala paramilitare dell’organizzazione, la cui potenza è considerata maggiore di quella dell’esercito regolare libanese. Israele le considera tra le principali forze armate del mondo arabo. Sin dall’inizio della guerra civile siriana, Hezbollah è scesa in campo come alleato chiave di Bashar al-Assad.

Israele è pronta a rispondere all’attacco dell’Iran. Teheran: “Useremo armi mai utilizzate prima”.

Dallo scoppio della guerra nella Striscia di Gaza, è iniziata una serie quasi ininterrotta di scontri alla frontiera tra le forze militari israeliane e quelle di Hezbollah, decise a sostenere i miliziani di Hamas. Questi mesi di conflitto “a basso dosaggio”, tra razzi e artiglieria, sono stati caratterizzati da alcuni “acuti”.

L’8 aprile le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno confermato l’uccisione durante la notte di un comandante delle forze di élite al-Radwan di Hezbollah, di nome Ali Ahmed Hassin, in un attacco aereo nel sud del Libano. Le Idf hanno precisato che si trattava di un comandante di brigata accusato di aver organizzato diversi attacchi con razzi, missili e droni contro la zona Ramim Ridge, nel nord di Israele al confine col Libano.

A fine marzo 6 membri di Hezbollah figuravano tra i 42 morti di un raid aereo ad Aleppo, in Siria, attribuito ad Israele. Il 5 aprile il leader di Hezbollah in Libano, Hassan Nasrallah, nel corso di un discorso alla tv di Stato aveva messo in guardia che il suo movimento “non ha ancora utilizzato le sue armi principali” contro Israele.

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Combattenti di Hezbollah portano la bara del loro compagno Ali Ahmad Hussein, ucciso da un attacco israeliano nel sud del Libano. Foto Bilal Hussein / Ap / LaPresse

La missione Unifil in Libano dal 1978 è presente la Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite (Unifil), una forza militare delle Nazioni Unite, il cui mandato è stato rinnovato più volte a causa dei continui conflitti tra Tel Aviv e Beirut. Nel 2006 il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha previsto il potenziamento del contingente militare.

Gli scopi principali sono quelli di: monitorare la cessazione permanente delle ostilità tra i due Paesi; accompagnare e sostenere le Forze armate libanesi ufficiali finché si possano schierare nuovamente nel Sud del Paese; coordinare il ritiro delle Forze militari israeliane dai territori libanesi occupati. Anche l’Italia contribuisce all’Unifil con l’operazione “Leonte”, attiva dal settembre 2006, quando una forza da sbarco della marina italiana è approdata a Tiro.

Dal 2007 è stata sostituita dall’Esercito italiano, la cui missione include 1.072 unità di personale militare, 278 mezzi terrestri e 6 unità aeree. Dal febbraio 2022 la missione è guidata dallo spagnolo Aroldo Lázaro Sáenz, succeduto al Maggiore Generale italiano Stefano Del Col.

A facilitare l’espansione e l’agire indisturbato di Hezbollah contribuisce la grave situazione economica e sociale del Libano. Circa l’80% dei cittadini libanesi vivono in povertà. La crisi economica sta paralizzando qualsiasi attività, con l’inflazione che ha raggiunto il 190% all’inizio dello scorso anno.

A livello politico le cose non vanno meglio. Il governo libanese ha raggiunto un accordo con il Fondo Monetario Internazionale dal valore di 3 miliardi di dollari. Secondo Arab News, il salvataggio di Beirut rimane “intrappolato nel limbo”. Questa crisi prolungata sarebbe aggravata da coloro che hanno interessi acquisiti che starebbero impedendo il processo di riforme necessarie per il rilancio del Paese.

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Una manifestazione per il terzo anniversario dell’esplosione al porto di Beirut avvenuta nel 2020. Foto Hassan Ammar / Ap / LaPresse

Il debito pubblico, temono gli analisti, potrebbe raggiungere il 547 per cento del prodotto interno lordo libanese entro il 2027.

A minare la fiducia della popolazione libanese c’era già stata nel 2020 l’esplosione del porto di Beirut, che ha ucciso almeno 218 persone, ferendone quasi 7mila persone e lasciando 300mila persone prive di una casa. L’esplosione, la più grave della storia di natura non nucleare, avvenne a causa di tonnellate di nitrato di ammonio, immagazzinate in maniera impropria in un magazzino, che hanno preso fuoco.

L’indagine interna sulla tragedia è stata ripetutamente sospesa dopo che i politici hanno presentato denunce contro i giudici che si occupavano del caso. La popolazione ha quindi chiesto alle Nazioni Unite un’indagine indipendente per individuare i reali responsabili di quella che è stata una strage.

Il Libano ospita circa 175mila rifugiati palestinesi, stabiliti nei campi profughi da quando vennero cacciati da Israele nel 1948. A luglio e settembre dello scorso anno, sono scoppiati scontri armati nel campo di Ain Al-Helweh a Saida tra i sostenitori di Fatah, il partito del presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas e la Gioventù Musulmana, un gruppo estremista affiliato ad Al-Qaeda.

Il bilancio è stato di 13 palestinesi uccisi e decine di feriti. A quel punto centinaia di famiglie hanno scelto di lasciare i campi. Nonostante le dichiarazioni da parte dei leader dell’Ue di “sostegno al Libano e al popolo libanese”, il difficile contesto nel Paese lascia immaginare che, come al porto di Beirut, ci siano tutte le condizioni per un’esplosione senza precedenti.

Staff
  • PublishedApril 16, 2024