Influenza Aviaria nei Bovini: Rischi e Controversie
L'influenza aviaria minaccia i bovini negli Stati Uniti, sollevando preoccupazioni sull'origine del contagio e sulle possibili implicazioni per la salute pubblica.
Negli Stati Uniti, l’influenza aviaria ha colpito anche i bovini, con almeno un allevatore che è stato contagiato dal virus H5N1. Questa epidemia minaccia di mettere a rischio un settore che, solo per i bovini da carne, vale 100 miliardi di dollari.
La diffusione del virus tra i bovini ha sollevato interrogativi su come l’aviaria abbia potuto passare agli animali domestici. Gli esperti ipotizzano che la contaminazione potrebbe essere avvenuta attraverso i mangimi, che potrebbero essere stati infettati.
Una delle principali differenze tra gli Stati Uniti e l’Europa riguarda le restrizioni sull’uso di mangimi prodotti con i rifiuti di altri animali, inclusi polli e uccelli, che sono tra i principali veicoli dell’aviaria. In particolare, è sotto accusa un tipo di mangime chiamato “rifiuti di pollame”, composto da escrementi di polli, scarti di altri mangimi, piume e altri rifiuti provenienti dagli allevamenti industriali di polli e tacchini.
Secondo Steve Van Winden, professore di medicina presso il Royal College, l’alimentazione con mangime di pollame è stata associata al botulismo nei bovini negli Stati Uniti, e potrebbe rappresentare un rischio nel caso dell’H5N1. Anche Tom Peacock, virologo e membro del Pirbright Institute, ha evidenziato la possibilità che il virus si diffonda attraverso mangimi contaminati, citando l’epidemia di influenza aviaria nei gatti in Polonia.
Alcuni esperti ipotizzano che il virus potrebbe essere stato trasmesso ai bovini attraverso uccelli selvatici trovati morti in alcune fattorie. Indipendentemente dall’origine dell’epidemia, preoccupa la diffusione dell’aviaria alle mucche, poiché potrebbe favorire ulteriori mutazioni del virus e il contagio tra gli umani.
Il Cdc, l’istituto per la sicurezza alimentare degli Stati Uniti, ha consigliato agli allevatori con allevamenti colpiti di smaltire il latte prodotto dalle mucche infette, anche se si ritiene che il processo di pastorizzazione dovrebbe distruggere il virus.
Attualmente, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha dichiarato che il rischio per gli esseri umani è considerato basso, ma ha sottolineato l’importanza di continuare gli sforzi di sorveglianza. Nel 2023 ci sono stati 12 casi di H5N1 tra gli esseri umani a livello globale, con un ritmo simile finora nel 2024. Dal 1996, sono stati registrati oltre 800 casi di H5N1 in tutto il mondo.
Il professor Joshua Mott ha commentato che il numero di casi umani non è senza precedenti, sottolineando la necessità di mantenere alta l’attenzione sulla diffusione del virus e sulle misure preventive da adottare.
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