Cronaca

Scandalo sfruttamento lavoratori cinesi nelle fabbriche Armani

Indagini svelano sfruttamento lavoratori cinesi nelle fabbriche Armani, commissariamento azienda e deferimenti per caporalato. Grave violazione norme sicurezza e condizioni precarie.

Scandalo sfruttamento lavoratori cinesi nelle fabbriche Armani

Le indagini condotte dai pm Paolo Storari e Luisa Baima Bollone insieme ai carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro hanno portato alla luce una situazione preoccupante legata alla produzione dei prodotti di lusso Armani. Si è scoperto che i lavoratori cinesi impiegati nelle fabbriche dormitorio erano sfruttati senza che l’azienda italiana, Giorgio Armani Operations spa, adottasse le misure necessarie per prevenirlo.

La decisione della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano di commissariare l’azienda è stata presa in seguito alle accuse di sfruttamento del lavoro, che coinvolgevano l’utilizzo di manodopera cinese in nero e clandestina. I carabinieri hanno evidenziato che l’azienda non ha fatto abbastanza per contrastare questa pratica all’interno del ciclo produttivo.

Dopo le ispezioni del Nucleo ispettorato del lavoro, che hanno portato al commissariamento della società di Giorgio Armani, quattro imprenditori cinesi sono stati deferiti per caporalato. Le aziende coinvolte sono state sospese e multate, con ammende e sanzioni amministrative che superano complessivamente i 145mila euro. Inoltre, nove lavoratori sono stati denunciati per irregolarità legate al permesso di soggiorno.

Le indagini hanno rivelato che la Giorgio Armani Operations spa non ha effettuato controlli adeguati sulle condizioni lavorative degli operai e sulle capacità tecniche delle aziende appaltatrici. Questo ha favorito gli imprenditori che sfruttavano il caporalato, un sistema che si è sviluppato a seguito della decisione di esternalizzare completamente i processi produttivi.

Le fabbriche coinvolte nella produzione dei prodotti di lusso Armani, situate nelle province di Milano e Bergamo, impiegavano manodopera irregolare e clandestina per abbattere i costi. Questi stabilimenti non rispettavano le norme sulla salute e sicurezza sul lavoro, impiegando personale senza contratti collettivi nazionali e in condizioni di sfruttamento.

Nei controlli effettuati, sono emerse gravi violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, con manodopera impiegata in condizioni precarie e in ambienti insalubri. Alcuni lavoratori erano ospitati in dormitori abusivi, con condizioni igienico-sanitarie al di sotto di ogni standard etico.

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