Riflessioni sulla musica italiana: tra testi controversi e desideri semplici
Un viaggio in macchina tra canzoni italiane, riflessioni sui testi, desideri semplici e confronti con la musica contemporanea.
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Recentemente ho trascorso molto tempo in macchina e ho ascoltato una vecchia playlist di canzoni italiane. In macchina si riesce ad apprezzare meglio i testi delle canzoni, poiché non si è distratti da altro. Ad esempio, ho notato quanto sia brutto e stupido il testo di “La mente torna” di Mina, opera del frequente maschilismo di Mogol. Quest’ultimo ha sostenuto che la dipendenza della donna dall’uomo nella canzone sia espressa con rammarico, ma sembra proprio il contrario.
Un’altra riflessione che ho fatto riguarda i desideri di Lucio Dalla, che sembrava desiderare momenti di ozio, pigrizia e spensieratezza nelle loro forme più semplici e terrene. Cantava di sdraiarsi sotto un albero, fare solo ciò che si desidera e di dare il proprio voto all’estate per poi andare al mare e restare nudi tutto il giorno.
Stefania, a volte, si stanca delle mie playlist e decide di ascoltare la radio, suscitando in me reazioni vergognose riguardo alla produzione musicale italiana contemporanea. Tuttavia, ammetto di aver ascoltato per la prima volta, da una qualche stazione radio, una canzone di Raffaella Carrà del 1978.
Per dare un motivo in più per partecipare ai concerti di luglio, Peccioli è stata nominata “Borgo dei borghi” dopo una competizione accesa.
Parlando di borghi, ma per motivi diversi, e collegandoli alla musica e ai suoni, ho notato il silenzio spettrale a Camerino, dove mi trovavo l’altro ieri, rimanendo esterrefatto.
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