Il ruolo delle forze armate brasiliane nella politica nazionale
Le forze armate brasiliane mantengono un ruolo politico rilevante, con influenze storiche e attuali sulla democrazia brasiliana.
A sessant’anni dal colpo di stato che portò l’esercito brasiliano al potere, in Brasile le forze armate mantengono un ruolo di rilievo nella vita politica, superiore a quello riscontrato nelle democrazie occidentali e latinoamericane. Nel corso dei decenni, l’esercito brasiliano ha continuato a influenzare la politica nazionale, costringendo i presidenti eletti a tener conto delle loro posizioni. Durante la presidenza di Jair Bolsonaro (2019-2022), di orientamento di destra e ex capitano dell’esercito, diversi alti ufficiali militari furono nominati ministri. Anche l’attuale presidente, Luiz Inácio Lula da Silva, di orientamento di sinistra, cerca di mantenere un rapporto positivo con l’esercito, pur cercando di mantenere una distanza dalla gestione diretta del potere esecutivo.
Le forze armate brasiliane sono attualmente le più numerose del continente americano dopo quelle statunitensi, e quindi le più grandi dell’America Latina. Con oltre 400.000 membri, hanno giocato un ruolo centrale nella storia brasiliana sin dalla fondazione repubblicana nel 1889, avvenuta grazie a un colpo di stato militare contro l’imperatore Pedro II. Nel corso degli anni, l’esercito ha influenzato significativamente gli eventi politici, come nel 1930 quando pose fine alla prima repubblica brasiliana e favorì l’insediamento di Getúlio Vargas come presidente ad interim.
Nel 1964, l’esercito brasiliano, con il sostegno decisivo dei settori conservatori, dei banchieri, dei latifondisti e di parte delle classi medie urbane, orchestrò un colpo di stato che avviò un lungo periodo di governo autoritario militare, terminato solo nel 1985 con una transizione democratica guidata principalmente dai militari stessi. Durante questa transizione, i vertici militari si assicurarono di mantenere una forte influenza nello stato brasiliano e di impedire indagini approfondite sui crimini commessi durante la dittatura.
La Commissione nazionale per la verità del Brasile fu istituita solo nel 2012 e nel 2014 concluse che l’esercito aveva avuto un ruolo significativo nelle violazioni dei diritti umani durante il periodo autoritario. Il primo processo per i crimini della dittatura fu avviato solo nel 2021, riguardante un singolo caso di un ex poliziotto. Grazie a una legge di amnistia del 1979, nessun alto ufficiale militare è mai stato chiamato a rispondere per le proprie azioni.
La Costituzione brasiliana del 1988, nell’articolo 142, definisce l’esercito come garante della difesa della patria, della legge, dell’ordine e dei poteri istituzionali, specificando che può intervenire solo su richiesta delle istituzioni democratiche. Questo articolo è stato spesso interpretato come una base per giustificare l’intervento militare in momenti di crisi, una visione condivisa non solo all’interno dell’esercito ma anche tra la parte conservatrice dell’elettorato brasiliano.
I generali hanno spesso presentato le forze armate come una “forza moderatrice” e uno “strumento di garanzia”, giustificazioni utilizzate storicamente per sovvertire le regole democratiche e instaurare regimi meno liberali e più vicini a visioni di destra, nazionaliste, religiose e anticomuniste diffuse tra i militari brasiliani. L’esercito ha spesso intervenuto per gestire situazioni di crisi interna, partecipato a incontri con leader politici stranieri e svolto compiti di polizia in aree problematiche.
Il Brasile prevede anche un Ufficio della sicurezza istituzionale, noto come GSI, a guida militare, con ampie responsabilità che vanno dal coordinamento delle politiche di sicurezza alla supervisione dei servizi segreti. Chiuso nel 2015 dalla presidente Dilma Rousseff, fu riattivato subito dopo il suo impeachment. Anche durante periodi democratici, i militari hanno continuato a influenzare la politica nazionale, candidandosi alle elezioni e ottenendo incarichi politici.
La presidenza di Bolsonaro è stata la più militarizzata della storia moderna del Brasile, con numerosi rappresentanti delle forze armate nominati a ruoli chiave dell’amministrazione statale. Oltre 6.000 militari, inclusi 9 ministri su 22, furono inseriti nell’esecutivo, un numero superiore persino ai tempi della dittatura. Altri militari furono posti a capo di imprese statali, controllando una percentuale significativa delle aziende pubbliche. Si stima che il 61% delle imprese direttamente o indirettamente controllate dallo stato fosse guidato da militari. Il controllore generale federale del Brasile ha rilevato che oltre 2.300 militari occupavano posizioni per le quali non erano qualificati o erano sovrapagati.
Negli anni di governo di Bolsonaro, l’esercito mantenne i propri privilegi durante la riforma delle pensioni e vide aumentare il proprio budget. Dopo la sconfitta elettorale del 2022, i sostenitori di Bolsonaro chiesero l’intervento dell’esercito, considerato un garante dell’ordine. Nonostante alcuni elementi militari fossero coinvolti in presunti piani di colpo di stato, la maggior parte delle forze armate non intervenne. Alcuni alti ufficiali sono stati arrestati per il loro coinvolgimento in progetti sovversivi.
Attualmente sono in corso iniziative legislative per limitare le ingerenze politiche dell’esercito, come una Proposta di riforma costituzionale che impedirebbe ai militari in servizio di candidarsi a incarichi politici. Tuttavia, la proposta è fortemente contestata dalla destra e dall’esercito stesso. Il presidente Lula ha dichiarato che la riforma non è una priorità, suscitando critiche da parte della sinistra brasiliana per la sua presunta benevolenza verso i militari.
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