Il colpo di stato del 1964 in Brasile: Dalla dittatura alla democrazia
Il colpo di stato militare del 1964 in Brasile portò alla dittatura militare durata 21 anni, caratterizzata da repressione e violazioni dei diritti umani, fino alla transizione democratica del 1985.
Il colpo di stato del 31 marzo e 1 aprile del 1964 in Brasile, sostenuto dalle forze armate e dagli Stati Uniti, pose fine al governo del presidente João Goulart, accusato di essere filocomunista. Questo evento segnò l’inizio di una dittatura militare che durò 21 anni, caratterizzata da cinque governi militari successivi e da una violenta persecuzione che portò alla scomparsa di migliaia di persone, tra cui centinaia di oppositori politici e oltre 8.000 indigeni amazzonici.
Il colpo di stato del 1964 fu il risultato di una pianificazione congiunta tra civili e militari per destituire il presidente Goulart, che era stato vicepresidente di Jânio Quadros eletto nel 1960. Le simpatie di Quadros per Fidel Castro, la promessa di emulare la riforma agraria cubana in Brasile e il suo avvicinamento all’Unione Sovietica generarono diffidenza tra i partiti che lo avevano sostenuto, portandolo alle dimissioni dopo soli duecento giorni di governo.
La crisi politica che ne seguì vide João Goulart, vicepresidente di Quadros, impegnato in un viaggio in Cina al momento delle dimissioni del presidente. Le forze armate brasiliane e alcuni settori politici e economici ostili a Goulart si opposero al suo insediamento, spingendo per un sistema parlamentare e minando le sue prerogative presidenziali.
Nonostante la resistenza, Goulart riuscì a ripristinare il presidenzialismo attraverso un referendum nel 1963, ottenendo un forte sostegno popolare. Durante il suo mandato, avviò riforme agrarie, difese i diritti sindacali e annunciò misure contro la povertà e le disuguaglianze, suscitando l’ostilità degli Stati Uniti in piena Guerra fredda.
Il colpo di stato militare del 1964 vide l’ascesa al potere del maresciallo Humberto de Alencar Castelo Branco, che instaurò una dittatura caratterizzata da repressione, censura e la creazione di partiti politici controllati dal regime. Seguirono altri governi militari fino al 1979, con un rapido sviluppo economico dipendente da capitali stranieri e progetti di modernizzazione.
La politica della dittatura si concentrò sull’Amazzonia, promuovendo la deforestazione, l’espropriazione delle terre indigene e la violenza contro gli indigeni. La Commissione nazionale per la verità del Brasile ha documentato oltre 8.000 indigeni uccisi durante il regime, evidenziando le violazioni sistematiche dei diritti umani e la tortura praticata dai militari.
La resistenza di sinistra si organizzò negli anni Settanta e Ottanta, culminando con la nascita del Partito dei Lavoratori di Lula da Silva. La transizione alla democrazia iniziò alla fine degli anni Settanta, con leggi di amnistia, la fine dei partiti creati dalla dittatura e l’elezione diretta del presidente nel 1985.
La nuova Costituzione del 1988 segnò il consolidamento della democrazia in Brasile, con l’estensione dei diritti politici e la legalizzazione di tutti i partiti. Questo processo segnò la fine di un periodo oscuro della storia brasiliana e l’inizio di una nuova era democratica.
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